domenica 18 novembre 2012
INONDAZIONI, PESTE E TERREMOTI A ROMA
Roma si merita l'appellativo "Eterna", non solo per la persistenza storica, culturale, monumentale e architettonica, per l'influenza e l'eredita' lasciata nelle tradizioni e dalla lingua latina, ma anche per essere riuscita a sopravvivere, a volte con allarmanti bilanci, alle devastazioni delle calate barbariche, alle crisi economiche, spirituali e politiche, ad incendi, terremoti, alluvioni ed epidemie.
La linfa vitale di Roma fu l'acqua del Tevere, ragione di nascita, sviluppo, vita, lavoro e comunicazione dell'agglomerato.
Regina delle acque, con terme, ninfei, fontane e approvvigionamento idrico nelle domus, fu messa in ginocchio nel VI secolo dopo Cristo, dal taglio degli acquedotti, ad opera degli invasori Goti, che obbligarono la popolazione a concentrarsi
nell'ansa del Tevere, il Campo Marzio, che grazie al fiume poteva offrire sussistenza.
Ma così come dava, l'acqua toglieva.
E senza distinzione, umili dimore , case signorili e chiese venivano allagate; disegni, stampe, iscrizioni ricordano che per quasi 2600
anni , ogni 50 anni, le acque limacciose del biondo fiume sommergevano il centro storico, devastando vite, attivita' ed edifici.
Ovunque, nel Campo Marzio, targhe affisse a diverse altezze, indicano il livello raggiunto dalla forza esondante del fiume.
Finche' con l'ultima piena nel 1870, in cui l'acqua superò i 17 metri, il neonato Stato Italiano decise la costruzione dei muraglioni lungo il fiume, che raggiungendo i 18 metri, proteggevano la citta' dallo straripamento.
Il fiume caratterizzava l'isola Tiberina, che per la sua posizione
d'isolamento, ebbe vocazione ospedaliera e di lazzaretto
durante l'epidemie di vaiolo e peste, infezioni portate a Roma dai soldati e dai marinai.
La citta' con alta densita' e concentrazione di abitanti, malnutriti e privi di ogni attenzione igienica data l'assenza di fognature e l'abbondanza di rifiuti, malsane e caotiche era terreno fertile per la diffusione delle infezioni.
Gia' dall'antichita', Roma fu colpita da epidemie di cui non si conosceva il nome, ed il male era inteso come un castigo divino.
La statua di bronzo che dall'alto di castel Sant'Angelo si specchia nel fiume, ricorda la peste del VI secolo, quando l' arcangelo Michele, rinfoderando la spada sopra il mausoleo imperiale che prese il suo nome quando fu trasformato in castello, annuncio' ai
romani la fine del contagio,
Tra il 1347 ed il 1353 la peste nera ( bubbonica) decimo' la popolazione europea, inizialmente diffusa dai marinai genovesi attraverso la vasta rete commerciale.
Quando arrivo' a Roma, il libero comune offri' in voto alla Vergine i 124 gradini della scalinata dell'Ara Coeli per far cessare l'epidemia.
La forza dei quattro elementi ha segnato Roma con l'acqua delle inondazioni, il fuoco degli incendi , l'aria delle epidemie e la terra che durante i terremoti ha fatto tremare la citta', risentendo delle scosse generate dai Colli Albani o dall'Appennino.
I danni e la rovina a Roma del sisma del 1349 furono documentati dal Petrarca, in seguito, 3 arcate del Colosseo crollarono nel gravissimo terremoto del 1703 che distrusse L'Aquila e una successione di scosse tra il 1800 e 1900 richiese una serie di interventi nello storico anfiteatro.
Il gusto romantico ottocentesco caratterizzo' il consolidamento che
l'architetto Stern fece al Colosseo, in cui fermo' l'istantanea dell'attimo del crollo, conservando il dissesto delle arcate.
lunedì 5 novembre 2012
I FALSI VERMEER
La mostra dedicata a Johannes Vermeer ha rubato la scena a tutte le altre esposizioni d'arte programmate quest'anno a Roma.
Otto dei suoi quadri catalizzano l'attenzione, in mezzo ad opere di pittori olandesi suoi contemporanei e concorrenti, in un 'epoca in cui, nei Paesi Bassi il nuovo mercato d'arte, competitivo e moderno, si rivolgeva alla esordiente borghesia benestante e l'antagonismo tra gli artisti era tale da offrire una produzione di circa 70.000 quadri all'anno.
Quasi tutti i pittori necessitavano di un secondo lavoro per mantenersi, e solo il maestro Rembrandt van Rijn, riusci' a spiccare fra tutti.
Lo stesso Vermeer , per quando stimato e due volte decano della gilda di San Luca, la corporazione degli artisti e degli artigiani,
raggiunse la notorieta' solo due secoli dopo la sua morte, quando la
luce, indiscussa protagonista dei suoi quadri, fu notata ed apprezzata proprio quando altri artisti, gli impressionisti, stavano travolgendo con la luce delle loro opere , le tele accademiche.
La fama del Maestro crebbe tanto da meritarsi di essere falsificato.
Definire falsario Han van Meegeren, il pittore che ha ingannato per anni il mondo dell'arte, limita il suo talento e la sua preparazione.
Non si limitava a copiare, ma creo' dei Vermeer , proprio quelli che i critici d'arte cercavano e volevano: i soggetti religiosi, considerando l'importanza che ha avuto, nella vita del pittore,
la sua conversione dal calvinismo alla religione cattolica.
Mentre Picasso, Klee, Mondrian, guardavano al futuro , egli dedico' tutte le sue energie e risorse al '600, cercando tele e chiodi dell'epoca, preparando i colori e i pennelli come si facevano al tempo di Vermeer e studiando e perfezionando la tecnica sino a diventare tutt'uno con il grande Maestro.
Non vendette i suoi primi due falsi, perfetti nella tecnica, soggetto
e materiali, perche' riteneva fossero quadri da falsario, legati al filone che ci si aspettava . Ne avrebbe ricavato abbastanza da coprire le spese , altissime, sostenute per procacciarsi i materiali, tra cui tele del XVII secolo e lapislazzuli.
Solo quando ebbe creato nuovi soggetti, immise nel mercato d'arte 6 Vermeer che furono acclamati come emozionanti, strabilianti e senza prezzo, da quegli stessi critici che avevano stroncato la sua carriera di pittore.
La cena in Emmaus fu acquistato nel 1938 per una fortuna dal museo Boijmans di Rotterdam e altri finirono nella collezione di Goring ed Hitler.
Quando , nel 1947 dovette giustificare la sua enorme ricchezza e il possesso dei Vermeer, e fu arrestato con il sospetto di essere un collaborazionista nazista.
Per discolparsi, gli fu chiesto di dipingere davanti alla Corte.
Le accuse caddero e divento' l'uomo piu' famoso di Amsterdarm. Aveva buggerato gli arroganti baroni dell'arte ed il Fuhrer.
Tuttora nel museo di Rotterdam si tengono seminari e conferenze su van Meegeren, che oltre ad avere avuto l'accortezza di usare materiali d'epoca, riusci' a simulare l'invecchiamento dell'opera legando i pigmenti con la baxelite che induriva, ad alte temperature, i colori ad olio , che possono richiedere per una completa essiccatura, anche 50 anni.
Si premuro' di creare dei depositi di polvere nelle crepature del colore, e soprattutto scelse un soggetto che non esisteva.
Purtroppo, nella mostra, nessuno dei suoi falsi e' presente.
Ma un dubbio aleggia sulla ragazza col cappello rosso che occhieggia dagli autobus e sui cartelloni.
Non di mano di van Meegeren, ma forse nemmeno di Vermeer, questa piccola meravigliosa tavola ( materiale mai utilizzato dal pittore ),
eseguita con la tecnica che il Maestro utilizzava per evidenziare i dettagli con la luce, ovvero piccoli punti di colore di toni piu' chiari accostati , ha evidenziato ai raggi x di essere stata ridipinta sopra un ritratto virile di stile rembrandtiano.
Originali o false , se riescono ad emozionare, sono opere d'arte comunque.
Otto dei suoi quadri catalizzano l'attenzione, in mezzo ad opere di pittori olandesi suoi contemporanei e concorrenti, in un 'epoca in cui, nei Paesi Bassi il nuovo mercato d'arte, competitivo e moderno, si rivolgeva alla esordiente borghesia benestante e l'antagonismo tra gli artisti era tale da offrire una produzione di circa 70.000 quadri all'anno.
Quasi tutti i pittori necessitavano di un secondo lavoro per mantenersi, e solo il maestro Rembrandt van Rijn, riusci' a spiccare fra tutti.
Lo stesso Vermeer , per quando stimato e due volte decano della gilda di San Luca, la corporazione degli artisti e degli artigiani,
raggiunse la notorieta' solo due secoli dopo la sua morte, quando la
luce, indiscussa protagonista dei suoi quadri, fu notata ed apprezzata proprio quando altri artisti, gli impressionisti, stavano travolgendo con la luce delle loro opere , le tele accademiche.
La fama del Maestro crebbe tanto da meritarsi di essere falsificato.
Definire falsario Han van Meegeren, il pittore che ha ingannato per anni il mondo dell'arte, limita il suo talento e la sua preparazione.
Non si limitava a copiare, ma creo' dei Vermeer , proprio quelli che i critici d'arte cercavano e volevano: i soggetti religiosi, considerando l'importanza che ha avuto, nella vita del pittore,
la sua conversione dal calvinismo alla religione cattolica.
Mentre Picasso, Klee, Mondrian, guardavano al futuro , egli dedico' tutte le sue energie e risorse al '600, cercando tele e chiodi dell'epoca, preparando i colori e i pennelli come si facevano al tempo di Vermeer e studiando e perfezionando la tecnica sino a diventare tutt'uno con il grande Maestro.
Non vendette i suoi primi due falsi, perfetti nella tecnica, soggetto
e materiali, perche' riteneva fossero quadri da falsario, legati al filone che ci si aspettava . Ne avrebbe ricavato abbastanza da coprire le spese , altissime, sostenute per procacciarsi i materiali, tra cui tele del XVII secolo e lapislazzuli.
Solo quando ebbe creato nuovi soggetti, immise nel mercato d'arte 6 Vermeer che furono acclamati come emozionanti, strabilianti e senza prezzo, da quegli stessi critici che avevano stroncato la sua carriera di pittore.
La cena in Emmaus fu acquistato nel 1938 per una fortuna dal museo Boijmans di Rotterdam e altri finirono nella collezione di Goring ed Hitler.
Quando , nel 1947 dovette giustificare la sua enorme ricchezza e il possesso dei Vermeer, e fu arrestato con il sospetto di essere un collaborazionista nazista.
Per discolparsi, gli fu chiesto di dipingere davanti alla Corte.
Le accuse caddero e divento' l'uomo piu' famoso di Amsterdarm. Aveva buggerato gli arroganti baroni dell'arte ed il Fuhrer.
Tuttora nel museo di Rotterdam si tengono seminari e conferenze su van Meegeren, che oltre ad avere avuto l'accortezza di usare materiali d'epoca, riusci' a simulare l'invecchiamento dell'opera legando i pigmenti con la baxelite che induriva, ad alte temperature, i colori ad olio , che possono richiedere per una completa essiccatura, anche 50 anni.
Si premuro' di creare dei depositi di polvere nelle crepature del colore, e soprattutto scelse un soggetto che non esisteva.
Purtroppo, nella mostra, nessuno dei suoi falsi e' presente.
Ma un dubbio aleggia sulla ragazza col cappello rosso che occhieggia dagli autobus e sui cartelloni.
Non di mano di van Meegeren, ma forse nemmeno di Vermeer, questa piccola meravigliosa tavola ( materiale mai utilizzato dal pittore ),
eseguita con la tecnica che il Maestro utilizzava per evidenziare i dettagli con la luce, ovvero piccoli punti di colore di toni piu' chiari accostati , ha evidenziato ai raggi x di essere stata ridipinta sopra un ritratto virile di stile rembrandtiano.
Originali o false , se riescono ad emozionare, sono opere d'arte comunque.
Iscriviti a:
Post (Atom)