domenica 27 gennaio 2013

GNAM

 Per secoli la portata culturale ed artistica dell'Italia ha primeggiato ed influenzato il resto del Vecchio Continente, dettando legge, nonostante non esistesse ancora come nazione.

Dalla caduta dell'Impero romano , sino all'unificazione, schiere d'invasori, ed il coinvolgimento temporale della Chiesa , hanno contribuito a mantenere politicamente e fisicamente diviso un popolo fortemente legato  dalla storia e dalla cultura.
  
Cosi' la piccola penisola, ha avuto una spiccata diversificazione regionale, ognuna con i propri dialetti, ricette e tradizioni, ed anche  influenze lasciate dai dominatori.
Ne ebbe dunque,  buon donde, Massimo d'Azeglio,
 quando pronuncio' la sua famosa frase :
"fatta l'Italia, facciamo gli Italiani !".

Affermazione che ebbe poi il suo seguito quando il giovane Stato si trovo' a fronteggiare le diverse realta' che individuavano il paese, quando ancora non era intervenuta la televisione ad universalizzare la lingua italiana, fortemente caratterizzata dai diversi dialetti.

Prima dell'avvento dei  programmi e del linguaggio televisivi, unificatori di  milioni d' Italiani, il grande coagulo della nazione fu dato dall'arte.

Inizialmente l'arte italiana era itinerante e le differenti scuole e realta'artistiche potevano essere seguite solo dagli appassionati, 
o dagli addetti ai lavori, nelle varie esposizioni locali.
Finche' nel 1883 le diverse scuole regionali, e le opere di artisti viventi o scomparsi da non piu' di 50 anni, trovarono luogo di esposizione e confronto nell'eclettico palazzo in via Nazionale
(via nevralgica dedicata alla nuova Nazione Italiana ) progettato da Pio Piacentini ( padre di Marcello, progettista e anima dell'EUR).

In occasione delle celebrazioni del cinquantenario dell'unita'
d' Italia, le collezioni vennero trasferite nell'attuale sede a Valle Giulia, appositamente creata dall'architetto Bazzani, ancora fedele
a quel gusto eclettico che ha caratterizzato il passaggio tra i due secoli.
La Galleria Nazionale d'Arte Moderna ( GNAM) , diviene allora 
il simbolo di questa unificazione, raccontata attraverso i grandi dipinti risorgimentali, e le diverse tendenze regionali, messe a confronto. Veneti e napoletani, toscani e lombardi , diversi ma uniti da un unico filo conduttore : i nuovi italiani con un retaggio culturale vecchio di secoli, ma neonati nella loro nuova identita' di popolo unito. 
Grazie poi alle nuove acquisizioni e donazioni, la Gnam , tra le due guerre si adegua agli standards europei, e raggiunge livelli internazionali , quando dal 1942 al 1975 l'infaticabile, preparatissima, algida, bellissima, cosmopolita direttrice del museo e sovrintendente Palma Bucarelli, si fa promotrice delle avanguardie, dell'astratto e dell'informale ed esponendo artisti di  
punta quali Picasso, Mondrian, Pollock, arrivando anche ad un'interrogazione parlamentare, quando espone nel1959 gli
 "anti-igienici sacchi di Burri ".
Palma Bucarelli e' l'anima della Gnam, e si rispecchia nelle sue innumerevoli acquisizioni che stravolgono la vecchia visione di arte e di donna, anche attraverso un nuovo comportamento femminile, di donna colta, mondana,  e bella.
E soprattutto, piu' preparata e aggiornata di molti dinosauri e baroni dell' arte.
La Gnam , arriva in ritardo rispetto agli altri musei europei, per motivi storici e politici, quando poco rimane delle grandi avanguardie storiche gia' alloggiate nei grandi poli espositivi mondiali, ma con grande tenacia, iniziando dalle opere che testimoniano il grande processo di unificazione ed incrementato costantemente, tanto da richiedere un ampliamento dell'area espositiva.
La Gnam e' cresciuta con il giovane  stato italiano, che ha festeggiati i 150 anni d'unificazione nel 2012, e ci rappresenta.
 In piu' e' bella, divertente, coinvolgente e nella nuova veste, dopo il recente restauro, imperdibile...



foto: Lisa Sorba


domenica 2 dicembre 2012

Musei Capitolini : condivisione video . I bronzi originali di Marco Aurelio e Costantino a confronto

condivisione video : La celeberrima statua di Marco Aurelio, mossa dal piedistallo capitolino...

IL CAVALLO PIU' FAMOSO DI ROMA

Un condottiero di alto rango e' imprescindibile dal suo cavallo.
Tutti i grandi personaggi della storia sono stati raffigurati con il loro illustre equino, fedele compagno di battaglia ed amico fidato. Di alcuni , ne conosciamo anche il nome. 
Bucefalo di Alessandro Magno, Incitatus di Caligola, Marengo di Napoleone, Marsala di Garibaldi portando in groppa il loro prezioso carico, rappresentano il valore aggiunto dell'eroe. 

 Certo uno Zorro appiedato e' molto meno convincente di quando invece, al balzo , salta in groppa al devoto Tornado, accorso con un fischio. E che cosa avrebbero pensato i francesi vedendo il loro Napoleone in mezzo alla bufera del San Bernardo, se David non lo avesse rappresentato sul bianco e riccioluto Marengo impennato e incurante della procella ?

Il nobile animale sublima le qualita' del suo condottiero , che dall'alto del suo dorso, domina il mondo, e così le statue equestri, diventano efficace strumento di propaganda, a cui si associa il valore ardimentoso dell'eroe.

Le piu' preziose raffigurazioni del binomio cavallo-cavaliere,
sono state quelle in bronzo, per il valore intrinseco e simbolico del metallo, ma poche sono sopravvissute alle temperie medievali, che 
 hanno preferito la fusione e il riutilizzo della pregiata lega sacrificando l'imperitura memoria del simbolo.

Al Marco Aurelio capitolino è stato attribuito un valore straordinario che l'ha preservato, dal II secolo dopo Cristo sino ad oggi,  dalle barbarie, dalle intemperie, dalle guerre e anche da un attentato nel 1979.
 E tutto questo grazie ad un errore.
Infatti se il popolo romano avesse saputo che l'effigiato era Marco Aurelio, il grande e dunque pregiatissimo bronzo sarebbe stato trasformato in cannone o equipaggiamento militare.
Senza nulla togliere all'imperatore filosofo, questi non sarebbe sopravvissuto se non fosse stato scambiato per l'imperatore Costantino.
E se Costantino il Grande si è meritato tale attributo e la permanenza nei secoli, sotto forma di ambito e conteso metallo,
 e' perche' fu il punto nodale del passaggio, ma soprattutto della legittimazione del potere dagli imperatori ai papi, che diverranno i veri signori ed artefici della politica romana sino all'unita' d'Italia.

Non a caso la statua da' le spalle al Foro romano, al passato laico e pagano , e si affaccia verso la nuova Roma fatta di cupole di chiese che ne caratterizzano oltre che lo scenario, anche la destinazione politica e sociale.

L'editto di Milano , prima, che consentendo la liberta' di culto, libero' gli oppressi cristiani dalle persecuzioni, e successivamente la "donazione di Costantino ", che garantiva al papa ed ai suoi discendenti l'autorita' su Roma, in vece dell'imperatore trasferitosi a Costantinopoli, fecero dell'imperatore il "campione" della Chiesa, tutelando il naturale legame con la grandezza dell'antica e potente Roma con le nuove necessita' temporali dei pontefici.

Fu infatti proprio Paolo III Farnese, il papa che convoco ' il Concilio di Trento, nel momento in cui la Chiesa di Roma era minacciata dai barbari luterani, a far collocare la statua, dal fido Michelangelo, nel centro della piazza simbolo dell'autorita' di Roma.
Dopo secoli di onorata presenza, dal 1997, l'originale,  protetto e conservato come la sua veneranda eta' richiede, e' stato musealizzato nel Palazzo dei Conservatori, dopo un accurato e difficile restauro, e rimpiazzato con una copia, eseguita con  
 altissima perizia dai tecnici della Zecca dello Stato. 
  
1836 anni di attenzioni verso il CABALLUS CONSTANTINI, forse anche perche' si dice che quando la civetta (in realta' il ciuffo della criniera tra le orecchie del cavallo) cantera', avverra' la fine del mondo ? 




domenica 18 novembre 2012

a proposito di peste : I PROMESSI SPOSI IN DIECI MINUTI condivisione video

TERREMOTI ED INONDAZIONI



INONDAZIONI, PESTE E TERREMOTI A ROMA

Roma si merita l'appellativo "Eterna", non solo per la persistenza storica, culturale, monumentale e architettonica, per l'influenza e l'eredita' lasciata nelle tradizioni e dalla lingua latina, ma anche per essere riuscita a sopravvivere, a volte con allarmanti bilanci, alle devastazioni delle calate barbariche, alle crisi economiche, spirituali e politiche,  ad incendi, terremoti, alluvioni ed epidemie. 

La linfa vitale di Roma fu l'acqua del Tevere, ragione di nascita, sviluppo, vita, lavoro e comunicazione dell'agglomerato.

Regina delle acque, con terme, ninfei, fontane e approvvigionamento  idrico nelle domus, fu messa in ginocchio nel VI secolo dopo Cristo, dal taglio degli acquedotti, ad opera degli invasori Goti, che obbligarono la popolazione a concentrarsi
nell'ansa del Tevere, il Campo Marzio, che grazie al fiume poteva offrire sussistenza. 
Ma così come dava, l'acqua toglieva. 
E senza distinzione, umili dimore , case signorili e chiese venivano allagate;  disegni, stampe, iscrizioni ricordano che per quasi 2600
anni , ogni 50 anni, le acque limacciose del biondo fiume sommergevano il centro storico, devastando vite, attivita' ed edifici.
Ovunque, nel Campo Marzio, targhe affisse a diverse altezze, indicano il livello raggiunto dalla forza esondante del fiume.
Finche' con l'ultima piena nel 1870, in cui l'acqua superò i 17 metri, il neonato Stato Italiano decise la costruzione dei muraglioni lungo il fiume, che raggiungendo i 18 metri, proteggevano la citta' dallo straripamento.

Il fiume caratterizzava l'isola Tiberina, che per la sua posizione 
 d'isolamento, ebbe vocazione ospedaliera e di lazzaretto
 durante l'epidemie di vaiolo e peste,  infezioni portate a Roma dai soldati e dai marinai.
 La citta' con alta densita' e concentrazione di abitanti, malnutriti e privi di ogni attenzione igienica data l'assenza di fognature e l'abbondanza di rifiuti, malsane e caotiche era terreno fertile per la diffusione delle infezioni. 

Gia' dall'antichita', Roma fu colpita da epidemie di cui non si conosceva il nome, ed il male era inteso come un castigo divino.

La statua di bronzo che dall'alto di castel Sant'Angelo si specchia nel fiume, ricorda la peste del VI secolo, quando l' arcangelo Michele, rinfoderando la spada sopra il mausoleo imperiale che prese il suo nome quando fu trasformato in castello, annuncio' ai 
romani la fine del contagio,

Tra il 1347 ed il 1353 la peste nera ( bubbonica) decimo' la popolazione europea,  inizialmente diffusa dai marinai genovesi attraverso la vasta rete commerciale. 
Quando arrivo' a Roma, il libero comune offri' in voto alla Vergine i 124 gradini della scalinata dell'Ara Coeli per far cessare l'epidemia.

La forza dei quattro elementi ha segnato Roma con l'acqua delle inondazioni, il fuoco degli incendi , l'aria delle epidemie e la terra che durante i terremoti ha fatto tremare la citta', risentendo delle scosse generate dai Colli Albani o dall'Appennino.

I danni e la rovina a Roma del sisma del 1349 furono documentati dal Petrarca, in seguito, 3 arcate del Colosseo crollarono nel gravissimo terremoto del 1703 che distrusse L'Aquila e una  successione di scosse  tra il 1800 e 1900 richiese una serie di interventi nello storico anfiteatro.
Il gusto romantico ottocentesco caratterizzo' il consolidamento che 
 l'architetto Stern fece al Colosseo, in cui fermo' l'istantanea dell'attimo del crollo, conservando il dissesto delle arcate.

Oggi, come un valoroso guerriero, Roma mostra le cicatrici, di battaglie combattute e vinte , nei monumenti superstiti, mutilati,  
silenziosi testimoni della vulnerabilita' di una citta' fatta non 
piu' di miti e potere, ma uomini impauriti, fragili ed impotenti.